L’addio di Lucioni tra legittima delusione e imbecillità

Quando arrivò a Benevento, nell’estate del 2014, per sostituire Andrea Mengoni, uno degli idoli più acclamati dalla tifoseria giallorossa, nessuno poteva immaginare che Fabio Lucioni avrebbe conquistato un posto nella storia del club sannita come capitano della storica doppia promozione dalla Serie C alla Serie A. Allo stesso modo nessun tifoso del Benevento lo scorso 20 luglio avrebbe potuto immaginare che, di li a poco, arrivasse la notizia del suo trasferimento al Lecce. Nulla, infatti, lasciava presagire che il forte difensore originario di Terni, ma beneventano d’adozione, potesse andar via.

Insomma, un vero e proprio fulmine a ciel sereno che ha letteralmente spaccato la tifoseria giallorossa: da una parte quelli che, seppure fortemente delusi, hanno espresso comunque gratitudine nei confronti del calciatore umbro; dall’altra, invece, i consueti spargitori d’odio in servizio permanente che hanno letteralmente inondato di insulti i vari canali social di Lucioni.

Eppure, dal messaggio d’addio postato su Facebook dall’ex capitano traspariva chiaramente il profondo rammarico per un divorzio divenuto inevitabile per ragioni che il calciatore, con grande senso di responsabilità, ha preferito non esternare per non alimentare ulteriori polemiche: “Come nella vita così anche nel calcio le storie, anche le più intense, hanno un inizio e poi giungono alla fine. Ma quei colori che ho dentro nessuno me li porterà via. Addio Strega, anzi arrivederci. Perché magari ci incontreremo ancora, da avversari, ma lo sarai solo per 90 minuti. Poi tornerò ad accarezzarti così come si accarezza uno dei ricordi più belli che ti è rimasto dentro. Grazie Strega, grazie Presidente. E grazie a voi, gente di Benevento”.

A seguito dei pesanti insulti ricevuti su Facebook, persino da parte di qualche conoscente, Lucioni si è visto costretto ad intervenire nuovamente per spiegare, suo malgrado, i motivi dell’addio e respingere le pesanti accuse ricevute: E’ successo tutto in 48 ore, in quanto mi hanno detto che il mio ciclo a Benevento era finito ed ero diventato un peso. Quindi, preso atto di ciò, ho rinunciato a dei soldi (perché a Lecce guadagno anche meno al cospetto di Benevento) e sono venuto dove non sono un peso ed hanno un progetto serio ed importante improntato anche su di me. Con questo almeno ho chiarito il concetto”.

Ieri il calciatore, approfittando del giorno di riposo concesso da mister Liverani al termine del ritiro precampionato di Terminillo, è tornato in città. A chi lo ha incontrato, lungo il corso Garibaldi, ha confessato la sua amarezza per la fine di un idillio che sembrava destinato a essere eterno. Nonostante la delusione, l’attaccamento dello Zio per la città in cui ha conosciuto l’amore, è nato suo figlio e si è definitivamente consacrato come calciatore rimane immutato.

E pazienza se qualche “leone da tastiera” ha travalicato i confini della civile e legittima contestazione. In fondo, come disse Umberto Eco in una lectio magistralis tenuta all’università di Torino, nel giugno del 2015,  “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.

I veri sportivi, quelli che hanno eroicamente sostenuto il Benevento fino all’ultimo istante nella poco esaltante stagione d’esordio nella massima serie,  prima o poi smaltiranno la delusione per un addio vissuto con la stessa drammaticità di chi, all’improvviso, scopre di  essere stato tradito. E lui, Fabio Lucioni, probabilmente tornerà ad essere lo storico e indimenticabile capitano della fantastica epopea giallorossa dell’era Vigorito.

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