Tra i tanti ex della sfida tra Benevento e Salernitana in programma domenica sera al Ciro Vigorito ce n’è indubbiamente uno particolare. Un protagonista che non scenderà in campo ma che proprio a Salerno ha chiuso la sua carriera di calciatore e che oggi è uno dei principali artefici del Benevento dei miracoli. Si tratta del diesse Pasquale Foggia che, a 31 anni nemmeno compiuti, decise di appendere le scarpette al chiodo quand’era ancora sotto contratto con la Salernitana. A raccontarlo oggi in un’intervista concessa a Franco Santo del Corriere dello Sport è lo stesso ex funambolo di Lazio e Cagliari:
“Capii che era arrivato il momento di smettere. Avevo accettato la proposta della Salernitana in C, ma quell’anno (2013-14) non feci benissimo, sentivo di non aver ripagato la fiducia dei dirigenti. Così decisi di strappare un contratto in essere che prevedeva altri due anni in granata. Avevo già in testa di fare il direttore sportivo. Me le ricordo quelle ultime partite, una delle quali giocata proprio contro il Benevento. Vincemmo una partita rocambolesca all’Arechi, con Felice Evacuo che al 90′ finì in porta per l’espulsione di Baiocco. Io feci l’assist a Gustavo per il gol della vittoria al 95′. Quella di smettere fu una decisione serena. E due anni dopo ho cominciato qui una fantastica avventura“.
Lui, un napoletano purosangue che non ha mai indossato la maglia azzurra (Lotito, durante un mercato invernale, bloccò all’ultimo momento la sua cessione al club del presidente De Laurentiis), ha dunque chiuso la carriera da calciatore e iniziato quella di direttore sportivo proprio in Campania. Terra a cui è profondamente legato al punto da augurarsi che, assieme al suo Benevento, in Serie A possa salire anche la Salernitana:
“Sarebbe il massimo. Un vanto per tutta la regione, che si ritroverebbe addirittura tre squadre in A. Sarebbe il riscatto di un territorio in cui il calcio è vissuto con tutta la passione possibile“.
Domenica prossima, però, niente sconti perchè il Benevento dei miracoli deve continuare la sua corsa e agguantare quanti più record è possibile. Il profumo della massima serie diventa sempre più intenso con il trascorrere delle settimane. La vittoria è dunque d’obbligo e per novanta minuti non ci sarà spazio per i sentimenti e per il senso di appartenenza territoriale. Conteranno solo i tre punti.