Benevento attento ai conti, Roma e Milan invece a rischio default

Nell’intervista rilasciata nei giorni scorsi al Corriere dello Sport dal direttore sportivo del Benevento, Pasquale Foggia, c’è un passaggio molto significativo su cui dovrebbero riflettere i tanti appassionati che, entusiasmati dall’iniziale acquisto di Kamil Glik, speravano nell’arrivo di qualche altro nome altisonante nelle battute finali del calciomercato. Il diesse giallorosso ha infatti spiegato a chiare lettere che “gli investimenti milionari sono fuori luogo” in questo momento storico, non solo nel nostro Paese.

Come ha ricordato Massimiliano Gallo sul sito IlNapolista.it:

“il calcio francese è stato (recentemente) sconvolto dall’annuncio di Mediapro: il vincitore della gara dei diritti tv, che dovrà trasmettere la Ligue1 fino al 2025, ha lasciato che passasse la scadenza del 5 ottobre senza versare la rata dovuta di 172 milioni (in totale ogni anno devono versarne 780)… Mediapro vuole rinegoziare la cifra pattuita perchè, nel frattempo, il mondo, e quindi anche il calcio, è stato travolto dal coronavirus… Mediapro puntava alla sottoscrizione di 3,5 milioni di abbonamenti. Al momento, secondo alcuni report francesi, soltanto 278 mila francesi avrebbero sottoscritto l’abbonamento da 25,90 euro al mese”.

Come ricorda ancora il sito IlNapolista.it, qualcosa del genere sta avvenendo anche nel Regno Unito:

“Prima del virus, gli inglesi avevano altre abitudini. Lì non tutte le partite erano trasmesse in diretta tv: andare allo stadio era ed è considerato sacro. Ma adesso non si può. In un primo momento, i tifosi hanno ottenuto che tutte le partite della Premier venissero trasmesse in diretta tv. Ora, però, dopo quattro giornate di campionato, i club hanno deciso che questo servizio non può più essere fornito gratis. Ogni partita va pagata 15 sterline. Apriti cielo”.

In Italia Sky ancora non ha versato l’ultima rata dei diritti televisivi della stagione 2019-20 per un totale di 131 milioni di euro e le società fanno registrare perdite rilevanti, come sottolinea lo stesso Massimiliano Gallo:

“In settimana abbiamo letto dei bilanci di Juventus, Roma e Milan. Tre aziende che, se fossero “normalmente” sul mercato, dovrebbe solo portare i libri in tribunale. Il Milan ha chiuso il bilancio con una perdita di 195 milioni. Il rosso della Roma è di 242,5 milioni. La Juventus ha chiuso con un passivo di 71,4 milioni. Il club più importante del calcio italiano ha condotto una campagna acquisti all’insegna del “pagherò”, come al supermercato: prendi oggi, paghi domani e a rate. Vale per Chiesa (50 milioni) e l’americano McKennie (25,5). E ha persino varato una novità quasi assoluta per il calcio: l’acquisto in leasing, avvenuto per Morata… Tutte operazioni all’insegna della disperazione, nella speranza che qualcosa possa cambiare… Fin qui il calcio ha fatto finta che il mercato non esistesse. Il calcio si presume azienda quando si tratta di incassare e di far valere i propri privilegi; ma la conduzione di un’azienda impone anche il rispetto delle regole. Da anni, invece, i bilanci delle società di calcio sono alterati dal fenomeno delle plusvalenze”.

Una situazione allarmante, come conferma anche il sito Calcioefinanza.it:

“Il deficit strutturale della Serie A tra ricavi e costi corre verso i 350 milioni e si regge sulle plusvalenze, che negli ultimi tre anni hanno generato 2,1 miliardi. Il solo costo della rosa, vale a dire gli ingaggi lordi dei tesserati (1,6 miliardi) più gli ammortamenti (650 milioni) assorbe l’85% dei proventi ordinari dei club (diritti tv, stadi e sponsor) che quindi devono ricorrere alle entrate del calciomercato o indebitarsi per far fronte agli altri costi operativi (1,3 miliardi)”.

E qui si torna al punto di partenza, alla frase pronunciata dal diesse Pasquale Foggia: gli investimenti milionari sono fuori luogo in questo momento storico, soprattutto per una società come il Benevento alla cui guida c’è un imprenditore vero come Oreste Vigorito, da sempre molto attento ai numeri e alle regole sui bilanci. Si tratta dunque di sano pragmatismo, quel sano pragmatismo che è invece clamorosamente mancato negli ultimi anni a tanti protagonisti del calcio italiano spingendo il sistema a un passo dal baratro economico.